Editoriale | Marzo 2021

L’ultimo rifugio che ci rimane è la community, anche se non sappiamo bene cosa sia.

Se chiedi il significato di comunità ad un baby boomer probabilmante ti parlerà del quartiere in cui vive o della congregazione religiosa di cui fa parte, se lo chiedi ad un nativo digitale è possibile che si riferirà ai suoi contatti globali su Twitch con cui gioca quotidianamente online.

Le comunità oggi si confiugurano come reti ad assetto variabile nelle quali si entra e si esce più volte al giorno mischiando il reale ed il virtuale. Ci si può sentire comunità, anzi community, nel co-working, in palestra, all’aperitivo (nel posto giusto), ad un festival, nell’area cani, sui social media, su Zoom o sul gruppo WhatsApp delle mamme.

Le community, unità di riferimento della contemporaneità liquida, sono allo stesso tempo inclusive ed esclusive, temporanee e permanenti, locali e globali, reali e virtuali.

Noi di Vitality, che da sempre ci definiamo community, abbiamo abbracciato quest’esistenza ibrida solo in parte, accettando l’eterogenesi dei mezzi ma non dei fini.

Rimaniamo affezionati all’idea che le comunità inclusive siano più prospere, resilienti e giuste. Per realizzare questi ideali diamo spazio al talento di tutti e cerchiamo persone che oltre al talento ci mettano la faccia.

Per questo ringraziamo Cristina Giudici, Franca De Lucia e Paolo Spiga, i community leader che sono interventuti a Wireless Connections, il festival di comunità che quest’anno abbiamo organizzato online insieme agli amici di Nuove Radici World.

Guarda il video QUI
 

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